Quante cose inutili che sentiamo dire nella nostra vita ci rimangono in testa? Una marea, che siano battute, motivetti, modi di dire, se ti si stampano nel cervello è difficile che vadano via. Quando ero piccola facevo arti marziali, e con l’avvicinarsi di un “esame” per cambiare cintura il nostro maestro disse una cosa che si è ficcata nella mia testa come un’antenna che inizia a lampeggiare ogni volta che devo affrontare qualcosa: “se non hai l’ansia, allora non sei davvero pronto”. Da allora ogni volta che ho dovuto fare una verifica o un’interrogazione, dalle scuole medie fino ad ora in università, ho sempre valutato quanta ansia avessi nei giorni precedenti, decidendo in base a ciò quale fosse il mio reale livello di preparazione.
Ed è proprio per motivi di stress ed esami che questa settimana non sono riuscita a vedere un film nuovo (e di conseguenza a scrivere una recensione), perché se non studi fino al limite e non hai un livello di ansia sufficiente, allora non stai dando il massimo, no? È proprio mentre rimuginavo su questa dinamica stress-prestazione che mi sono ricordata di “Another Round” di Thomas Vinterberg, che in realtà parla di tutt’altro. Nel film (premio Oscar 2021 al miglior film straniero) quattro insegnanti danesi, stanchi della routine e del senso di inadeguatezza, decidono di testare una teoria assurda: che l’uomo viva meglio con lo 0.05% di alcol costante nel sangue. E così iniziano a bere ogni giorno, durante l’orario di lavoro, per diventare più sciolti e più vivi. All’inizio funziona: tornano carismatici, presenti, coinvolgenti, ma l’esperimento sfugge presto di mano. L’equilibrio che avevano trovato, quel punto perfetto tra lucidità e disinibizione, si spezza. Sembra assurdo, eppure è una metafora potente di ciò che viviamo ogni sessione d’esami. Solo che noi, al posto dell’alcol, usiamo l’ansia.
Esiste una teoria psicologica chiamata curva di Yerkes-Dodson, un grafico a campana che mostra come la performance sia legata al livello di attivazione emotiva (ansia, tensione, stress):
•Con poca ansia: noia, poca concentrazione, svogliatezza. •Con troppa ansia: panico, blocco mentale, confusione. •Con un’ansia moderata: focus, memoria attiva, energia.
In pratica, anche noi cerchiamo quel famoso “0.05%”, solo che non lo misuriamo in tasso alcolemico, ma in battiti al minuto. Una dose giusta di ansia ci fa preparare bene, ci tiene sul pezzo. Ma quando l’ansia diventa troppa, quando iniziamo a sentirci in apnea, a studiare per ore senza ricordare nulla, abbiamo superato il punto critico. Stiamo peggiorando la nostra performance, non migliorandola. Eppure continuiamo a credere a quella vocina (quella del maestro, dei professori, forse anche la nostra): “Se non sei ansioso, allora non sei pronto”. Ma cosa succede se iniziamo a misurare la nostra efficienza non in ore passate sui libri, ma in capacità di stare bene mentre impariamo?
In Another Round, i protagonisti scoprono che la chiave non è nello sballo o nella sobrietà assoluta. È nella ricerca di un equilibrio. Un punto fragile, personale, che può variare ogni giorno. Così anche noi, forse, dovremmo imparare a cercare il nostro equilibrio emotivo prima di un esame: abbastanza tensione per tenerci svegli, ma abbastanza calma per non farci a pezzi. Alla fine del film, il protagonista danza. È un momento di catarsi, di abbandono, ma anche di libertà. Ha attraversato il caos, ha conosciuto la caduta, e ora può scegliere cosa tenere e cosa lasciare andare. Forse è proprio questo il punto: capire che non è l’ansia a renderci pronti, ma la consapevolezza di come la stiamo vivendo. E che ogni tanto, anche nel pieno della sessione, guardarsi un film può essere un atto di equilibrio.
Il mio “0.05%”, per esempio, forse è proprio qui: tra una pagina da ripetere e un respiro profondo. Tra un paragrafo e una pausa. Tra ansia e lucidità. Non per forza nel panico, magari nemmeno nella perfezione, ma abbastanza da potermi dire: ci sono, e mi sto prendendo cura di me. In una scena, uno dei professori, in un gesto a metà tra la disperazione e l’empatia, dà un goccio di alcol a un suo studente prima di un esame orale. Non per incoraggiarlo a trasgredire, ma per aiutarlo a rilassarsi, a superare quel blocco che l’ansia gli aveva cucito addosso. E per quanto la scena sia controversa, non ho potuto fare a meno di capirla. Di riconoscermi. Non perché prima degli esami io beva, ovviamente, ma perché anch’io cerco quel “goccio” di qualcosa che mi aiuti a funzionare meglio. Che sia la frase di un amico, un gesto scaramantico, una notte insonne passata a ripassare. Cerco una formula magica per rendere la mia ansia utile, per trasformarla da peso in spinta. Per trovare, insomma, il mio personale “0.05%”.
Maria Vitale
Questo post: 0,05% di ansia e 99,95% di genialità ❤️