Diamanti, l’ultimo film di Ferzan Özpetek, è accompagnato da un cast corale composto sia da attori feticcio della sua carriera cinematografica che da alcune curiose nuove aggiunte. La storia si articola in due dimensioni: la trama che vede le vicende della sartoria delle sorelle Canova, specializzate in costumi per cinema e teatro, e quella della lettura della sceneggiatura a casa del regista.
Non è difficile immaginare la trama di un film di Özpetek prima di entrare nella sala, ormai si è abituati all’ambiente intimo e poetico delle sue storie. Nonostante i temi ricorrenti delle dinamiche familiari e delle relazioni umane che fanno da padrone, questo film si distanzia dai precedenti per la inedita struttura e il modo in cui vi si rivolgono i protagonisti della storia. Questa volta il regista scava meno nelle complessità individuali dei personaggi per concentrarsi sul sentimento di affezione che lega le protagoniste tra loro. Ognuna di queste dispone di una propria vicenda ingombrante, che decide di lasciare a casa nel momento in cui entra nella sartoria, senza che questa influisca troppo sulla trama principale. Pecca dunque la “tipicità” dei personaggi, che spesso sembra ingurgitare il contesto del film, che è il pretesto per il quale siamo in sala. La pellicola vuole evidentemente essere un omaggio al mondo femminile nel cinema, prendendo come modello un reparto che è stato storicamente ad appannaggio femminile.
La scelta di costruire una narrazione su due livelli, di cui uno meta-cinematografico, richiama esplicitamente l’atto creativo del cinema. Il processo stesso per come Özpetek lo mostra sembra essere la ricercata metafora dei diamanti su cui si poggia il film. Un diamante grezzo è anche il cinema, che come i diamanti, nasce da un processo di pressione, taglio e rifinitura. Non mancano riferimenti autobiografici alla vita del regista, come i temi della perdita e della ricerca di senso (oltre alla sua esperienza da aiuto regista nella Sartoria Tirelli). Il messaggio del regista non è immediatamente intuibile, tanto che senza un attimo di riflessione può risultare a tratti autoreferenziale, e questo rende la rottura della quarta parete superflua rispetto alla trama.
Il film è più simile alle “Fate Ignoranti” e a “La Finestra di Fronte”, nonostante ciò la narrativa fa un passo in avanti rispetti ai film più recenti. Sicuramente un’ ottima occasione in questo periodo di feste per passare una sera al cinema con la famiglia e per soffermarsi a riflettere su temi importanti per i nostri tempi.
Maria Vitale