Negli ultimi anni, le major hollywoodiane ci hanno abituato a un flusso costante di remake live action: film tratti da celebri animazioni che tentano di riportare in vita mondi che abbiamo amato da bambini. Eppure, per quanto promettano nostalgia e meraviglia, molti di questi esperimenti hanno finito per cadere in un limbo: tecnicamente impeccabili, ma emotivamente vuoti, come un déjà vu sbiadito di qualcosa che ricordavamo molto più brillante.
Hollywood ha una relazione complicata con la nostalgia. Da un lato, è il carburante emotivo più potente che esista. Dall’altro, se mal gestita, diventa una trappola. Film come Il Re Leone, ad esempio, si sono sforzati di ricreare in modo quasi fotorealistico ogni singolo fotogramma del classico animato. Ma proprio questa fedeltà estrema è diventata il loro tallone d’Achille: la CGI dei leoni, fin troppo realistica, non riesce a trasmettere le emozioni dei personaggi. Come può un Simba iperrealistico piangere con la stessa intensità del suo corrispettivo animato? Lo stesso vale per Mulan, che ha cercato di “ripulire” l’originale da elementi ritenuti troppo infantili (come il draghetto Mushu), nel tentativo di diventare un’epopea seria e storica. Il risultato è un film che ha perso parte della sua identità, rimanendo sospeso in una terra di nessuno tra fiaba e realismo.
In molti casi, questi remake sembrano esistere solo per motivi commerciali, con l’illusione che basti replicare una formula vincente per fare colpo. Ma l’anima? Quella spesso resta fuori dallo schermo.
In questo panorama, il live action di Dragon Trainer, il primo tentativo della DreamWorks, arriva come una sorpresa gentile e sincera. Pur appartenendo alla stessa ondata di adattamenti, questo film sembra parlare un’altra lingua. Cosa lo rende diverso? Tante piccole scelte, fatte con cura. Dean DeBlois, già mente e cuore dietro alla trilogia animata originale, è tornato alla regia anche per la versione live action, e questo ha fatto tutta la differenza del mondo. Invece di stravolgere o annacquare la storia ha saputo reinterpretarla con una nuova sensibilità visiva, mantenendo salda la bussola emotiva. Il live action di Dragon Trainer non è una copia carbone dell’originale: alcune dinamiche sono state ampliate, certi momenti rielaborati. Eppure, lo spirito resta intatto: il rapporto tra un ragazzo e una creatura “diversa”, il coraggio di sfidare le tradizioni, il potere della gentilezza. Il film non riscrive la storia, la fa evolvere. Il successo critico e affettivo di questo live action ci racconta che non è il formato il problema, ma l’intenzione con cui viene utilizzato. Dragon Trainer non è riuscito “nonostante” fosse un live action, ma proprio perché ha saputo sfruttare i punti forti del mezzo, evitando i suoi cliché.
L’altra faccia della medaglia dell’ultimo periodo è Lilo & Stitch (e questo solo per non infierire ulteriormente sul disastro che è stato Biancaneve). Il film, tratto da uno dei classici più amati degli anni 2000, aveva un potenziale emotivo fortissimo: una bambina stramba, una sorella maggiore che lotta per tenerla con sé e un’adorabile creatura aliena che diventa un membro della famiglia. Una storia di amore non convenzionale, di perdita e di accettazione. Eppure, il live action ha fallito nel catturare quella miscela unica di umorismo, stravaganza e cuore che aveva reso l’originale così speciale. Il film tenta un equilibrio tra realistico e animato, ma finisce per non convincere né i nostalgici né i nuovi spettatori. Alcune scelte narrative sembrano dettate più dalla necessità di “aggiornare” la storia che da una reale coerenza con i personaggi. Questo ha reso il film più freddo e meno credibile emotivamente. Il risultato è un film visivamente curato, ma privo dell’intensità emotiva che definiva l’originale, e che ha generato reazioni tiepide da parte sia della critica che del pubblico.
A fronte di questo, la stessa esistenza di alcuni remake appare superflua, o addirittura controproducente: non rendono omaggio all’originale, ma lo appiattiscono. L’animazione possiede una libertà espressiva unica, capace di rendere credibili emozioni e personaggi impossibili, se il live action ha senso, allora, è solo quando offre una rilettura autentica, capace di espandere e approfondire l’universo narrativo senza svilirne l’anima. Altrimenti, meglio lasciare certi mondi animati dove sono nati, senza capitalizzare sulla nostalgia.
Maria Vitale
D'accordissimo!!!
Sono molto d'accordo