Ogni generazione ha il suo film sui vampiri, dai più classici aristocratici Nosferatu e Dracula fino ai liceali di Twilight. Insomma la figura del vampiro ha subìto talmente tante trasformazioni e riscritture nel tempo che in un modo o nell’altro piace a tutti, soprattutto perché è un ottimo mezzo di paragone per parlare di temi scottanti (pensare che il “Dracula di Bram Stocker” di Coppola è uscito nel periodo di caos generale causato dall’AIDS e alcune scene sono esplicitamente riferite alla malattia). Nonostante l’uscita nelle sale l’anno scorso del remake di Nosferatu firmato da Robert Eggers, temo che non sarà lui il film sui vampiri di questa generazione, perché Sinners sta facendo ormai strage di cuori nei cinema e al botteghino. Perciò dimenticate i soliti vampiri impolverati: qui si morde davvero, nel corpo e nell’anima. In Sinners di Ryan Coogler, ambientato nel delta del Mississippi degli anni ’30, i gemelli Elijah “Smoke” e Elias “Stack” Moore (entrambi interpretati da Michael B. Jordan) fanno ritorno nella loro città natale con l’intento di lasciarsi alle spalle il passato criminale e aprire un juke joint per la comunità nera, locale in cui far suonare il loro cuginetto Sammie (Miles Caton), la cui abilità nel suonare la musica blues ha qualcosa di ultraterreno. Il loro sogno di rinascita però si trasforma presto in un incubo quando forze oscure emergono dalle ombre del Sud segregazionista.
Se vi è piaciuto “Dal tramonto all’alba” di Robert Rodriguez allora ritroverete molta di quell’atmosfera in questo film, i fatti si svolgono al contrario. In “Sinners” i vampiri sono fuori dal locale e non possono entrare dentro se non “invitati”, mentre in “Dal tramonto all’alba” Tarantino e Clooney sono chiusi nel locale con i vampiri. Fatto sta che parliamo sempre di due fratelli gangster che devono resistere fino all’alba all’attacco di un gruppo di vampiri sexy (niente, i vampiri sono sempre belli, mi spiace per Nosferatu che deve sentirsi un pò in disparte). Grande protagonista di Sinners però è la musica blues, non solo colonna sonora o ambientazione, ma parte viva del racconto. Sinners usa questo genere musicale per evocare il dolore, la speranza e la resilienza della comunità afroamericana. Le canzoni blues suonate nel juke joint diventano un linguaggio emotivo che dice ciò che i personaggi non possono o non vogliono esprimere a parole. Il blues in questo contesto è doppio: è catartico, liberatorio, ma anche tentatore e profano. Il confine tra salvezza e dannazione è segnato dal ritmo di una chitarra scordata o da una voce graffiata che racconta una vita bruciata troppo in fretta. Attraverso il blues, Sinners ricorda le radici profonde di un popolo che ha trasformato il dolore in arte. Ogni assolo, ogni verso malinconico diventa un atto di resistenza culturale. In un’America razzista e violenta, il blues è ciò che resta la sera per lasciarsi alle spalle una giornata di lavoro... se non fosse per quel piccolo effetto indesiderato anche grave dell’attrarre vampiri.
Ma passiamo ora alla domanda principale, chi sono gli antagonisti? Perché si, lo sappiamo tutti che sono i vampiri, il film ce lo dice da subito dato che inizia e si chiude con la stessa scena. Sappiamo che stimo vedendo un film sui vampiri, ma il bello del film sta proprio su chi sono questi vampiri. Il principale cattivo è Remmick, un vampiro immigrato irlandese, perciò non un “bianco” qualsiasi. I vampiri di questa storia, senza troppi spoiler, provengono tutti da vari gruppi etnici storicamente oppressi, non rappresentativi di uno spirito di resistenza comune ma di distruzione e appropriazione. Sono personaggi complessi che esplorano come il desiderio di riconversione con le proprie radici possa degenerare in distruzione quando non è guidato dal rispetto. Remmick rappresenta una figura ambigua: pur provenendo da un background di oppressione, diventa egli stesso un oppressore, il suo tentativo di appropriarsi della musica di Sammie è una bellissima metafora dell’appropriazione culturale, dove elementi di una cultura oppressa vengono sfruttati da altri per scopi egoistici.
Tecnicamente, è costruito con una cura maniacale: ogni inquadratura sembra pensata come un dipinto, con quelle luci soffuse, il fumo che si alza nei locali notturni, e il contrasto tra il caldo arancione delle candele e il buio minaccioso delle paludi del Sud. È il Mississippi degli anni ’30, ma quasi sembra di essere dentro un sogno. Michael B. Jordan si sdoppia nei ruoli dei due fratelli, e lo fa con una naturalezza impressionante. Non ti confondi mai su chi è chi, perché la sua interpretazione è tutta nei piccoli gesti: il modo in cui uno si muove, come guarda, come sta zitto. Miles Caton, che è al suo debutto, ha un’intensità magnetica: quando suona, quando canta, sembra davvero posseduto dalla musica (se vi interessa, cercate la storia del musicista Robert Johnson, a cui il personaggio è probabilmente ispirato) ed il resto del cast è assolutamente all’altezza. La regia di Coogler è molto più matura rispetto ai suoi lavori precedenti, unico difetto è che la storia si risolve troppo velocemente quando poteva prendersi più tempo per approfondire la dinamica dei personaggi intrappolati nel locale con i vampiri alle porte prima di arrivare allo scontrone finale.
Sinners rimarrà uno dei film dell’anno, i social sono pieni di commenti e foto in sala di attori e registi di Hollywood che osannano il film e ne consigliano la visione, probabilmente già sogna qualche statuetta. Se è possibile, io ne consiglio la visione in IMAX per sbloccarne tutto il potenziale visivo. È un film che funzione, quindi chi lo sa... sequel?
Maria Vitale