I filosofi fanno ridere. Lo si vede nei dialoghi platonici: molti ridono di Socrate, anche nelle classi di liceo mentre i prof spiegano gli antichi greci o i medievali. Persino i filosofi ridono tra di loro su loro stessi. Nelle stesse università si sentono battute su di loro. Nella storia si vedono esempi di questo legame tra comicità e filosofia. Quando Diogene il cinico, durante l’esposizione di Zenone della tesi che non esiste il movimento, si alza e inizia a camminare, lo fa per far ridere tutta la sala. Un altro esempio è quello di Abelardo al quale, dopo essere stato castrato, viene detto che è diventato un mezzo uomo perché non aveva più una parte dell’essenza dell’idea di uomo, il che provoca le risate dei suoi colleghi, esperti di filosofia medievale. Per non parlare di tutte le frasi ad effetto al limite del comico di Pascal o Voltaire. Infine, pensando a Umberto Eco, grande amante della risata, viene in mente l’iconica frase «scherzare sì, ma seriamente». Effettivamente la filosofia sembra portata all’umorismo tra giochi di parole, frasi ad effetto, falsa ingenuità, e tantissima ironia. I filosofi fanno ridere, ma è vero anche che i comici fanno filosofia. Totò scrive poesie sulla morte, Daniele Fabbri fa intere riflessioni sulla religione e la sessualità, e De Crescenzo costruisce un’intera carriera sul connubio tra filosofia e comicità. Si potrebbero citare molti altri esempi, come Benigni o Kierkegaard, per avvalorare la tesi per cui “i filosofi fanno ridere e i comici fanno filosofia”.
Perché quando un filosofo filosofa si ride? Attenzione su questo punto: non si ride del filosofo perché è un filosofo, ma perché fa filosofia. Prima si ride dell’azione di un individuo, poi nel ricordarla si inizia a ridere dell’individuo pure quando non compie l’azione che ha fatto ridere. Quindi, l’affermazione implicita alla tesi per cui i filosofi fanno ridere è “la filosofia fa ridere”. Allora, perché la filosofia fa ridere? Perché si ride? E cos’è la filosofia? Come si può ridere della filosofia se lei dice cose sensate e vere? Qual è il senso della risata oggi? E qual è il senso della filosofia oggi?
La filosofia è l’esercizio nel cercare altro, nel volgere lo sguardo, nel cambiare prospettiva, insomma, è l’esercizio in cui avviene la massima espressione del pensiero laterale. Infatti: il primo vero atto del prigioniero nella caverna platonica è proprio quello di muovere la testa per cambiare prospettiva. Un esempio di pensiero laterale è quello di Socrate, nel suo ragionare, che trova risposte completamente altre dalla visione del suo tempo (come nel Gorgia). Un altro è quello di Descartes che rende il dubbio il principio della conoscenza (come nelle Meditazioni metafisiche) quando nel mondo era ancora molto presente il pensiero di Dio. ChatGPT, la nostra porta verso l’illimitato, dice che «la filosofia è una disciplina che si occupa di riflettere criticamente sulle questioni fondamentali dell'esistenza, della conoscenza, della realtà e del significato». Queste questioni sono inutili ma importanti, per non dire necessariamente determinanti, per la nostra vita. Non sono come le stelle in cielo, cioè luminose ma lontane e nascoste, che non ci toccano. Ma sono più come il suolo, talmente vicine che ce le scordiamo. Infatti l’unico modo per rendersi conto che esiste il suolo è proprio cambiare prospettiva, ricordandosi che si può andare da qualche parte solo perché ci sta lui. La ricerca dell’oggetto della filosofia, del maggior orizzonte di senso possibile, è possibile principalmente se non unicamente grazie a questa riflessione che cambia, se non rovescia, la visione. Ma in che modo la ricerca di queste conoscenze fa ridere? Forse l’immaginazione può aiutare: immaginiamo che, in una strada piena di persone che camminano, un uomo si fermi di colpo e dica «ragazzi fermiamoci tutti e pensiamo a quanto è importante il suolo». Fa ridere, se non fa sentire disagio (lascio per un altro luogo il discorso sul disagio che il filosofo produce e che forse lui stesso prova). Questo ci autorizza a pensare che le cose che dice la filosofia siano senza valore? Come potrebbero essere senza valore dato che questa disciplina ha ormai duemila anni che attestano la sua importanza? Un po’ presuntuoso pensare di sconfiggere con una risata, come se nulla fosse, questa mostruosa “disciplina” millenaria. Le affermazioni filosofiche hanno un senso, cioè un “movente”, e un’importanza, ovvero un “motivo”, e possono anche essere vere, se combaciano con la realtà. L’unica risposta sensata è che le affermazioni filosofiche fanno ridere perché sono spesso sensate e significative. “Fa ridere perché è vero” assume qui un nuovo senso, dando il valore della comicità alla verità: “la verità fa ridere”. Il detto napoletano che recita «pazzian s’ dic o ver» ci mostra che colui che dice il vero è colui che “pazzea”, cioè che scherza.
Ma com’è possibile? Far ridere non è qualcosa di negativo? Non è brutto quando qualcuno ride di qualcun altro? Essere ridicoli quindi è un fatto positivo? Forse nell’essere ridicoli si può esprimere se stessi? Per rispondere, o almeno accennare una risposta, capiamo il motivo per cui si ride. La risata nasce come un mezzo evolutivo che fa apprendere agli animali nuovi schemi di comportamento. L’uomo non è l’unico animale che ride. Infatti, anche le altre scimmie, i ratti, i cani, gli elefanti, i pappagalli, le cornacchie, e i delfini ridono. L’effetto della risata è una scarica di emozioni positive, di appagamento e gioia, un simpatico cocktail di endorfine e dopamine. Ciò che fa ridere una persona è, ovviamente, soggettivo. Ma perché ciò che fa scattare la risata in lei non è un qualcosa, un video o un meme che sia, ma la maniera in cui questo qualcosa, video o meme si mostra. Si pensi a Lundini che chiede a Saviano dove abita → Una pezza di Lundini). Fa ridere non per il gesto, fuori luogo preso in sé, ma per la maniera in cui è eseguito. Questa maniera, questo qualcosa nel qualcosa, è il cambiamento di pattern improvviso, e la sorpresa, la battuta che ti spiazza, è un’interruzione del flusso vitale normale. Per fare un esempio extra-umano, ecco un orango che scoppia a ridere mentre assistite un trucco di magia: orango che ride a crepapelle. L’orango non si aspettava la magia, perciò la sua mente, per imprimere l’evento nella memoria in modo tale da non risultare impreparata a una nuova occorrenza dello stesso evento, gli ha provocato un mix chimico che produce il ridere senza freni e che facilita l’apprendimento. La risata è un mezzo mnemonico primordiale per facilitare l’apprendimento. Il solletico, provato pure da altri animali come le scimmie (video: scimmia che ride per il solletico), serve al bambino ad apprendere quali sono i punti più fragili dove può essere colpito (ascelle, ventre e piedi). Ovviamente, il ridere ha anche un senso sociale come il ridere con l’altro, per avvicinarlo ed entrare in amicizia con lui, sull’altro, per affermarsi a suo discapito o per creare un legame con altri che rideranno del malcapitato. Il ridere ha un senso psicologico di autodifesa (rido per non piangere), di attacco (Kamala harris che ride di Trump), di oblio (si ride per dimenticare) o di miglioramento di sé (Pinocchio, quando diventa umano, ride del burattino che era arrivando così alla sua maturazione finale). Inoltre, la risata può anche creare distanza e impedire un avvicinamento emotivo, infatti, nel trattato Il riso. Saggio sul significato del comico, Bergson afferma che non si può ridere di qualcosa che ci è vicino ma solo di ciò da cui si è lontani: noi ridiamo dell’uomo che scivola per una buccia di banana perché non proviamo compassione per lui, noi siamo lontani da lui. Questi due sensi - psicologico e sociale - come molti altri sensi - simbolico, popolare e filosofico - si sono dati dopo la nascita della risata nel regno animale. Nel caso degli umani, l’origine della risata risale alla preistoria, ma la risata compare ancora prima nel regno animale. La scienza, in particolare la biologia evoluzionistica, per adesso, ci permette di ritrovare questa origine. Questa scoperta del ruolo originario della risata ci apre un mondo di interpretazioni. Il ruolo della risata ci consente di capire perché spesso essa si accompagni a un valore negativo, perché si ride delle persone per sminuirle: ridere di ciò che è al di fuori dello schema normale della vita. La normalità è la norma storica e culturale, le regole date dagli antenati e perseguite, per abitudine, dai discendenti. Normale è l’uomo che penetra la donna durante il rapporto sessuale. Il contrario è bizzarro e provoca disagio e risa, come nel film di Deadpool nella scena in cui si ride di Ryan Reynolds penetrato (scena di Deadpool). Ciò che esce da un qualunque schema di normalità appare incomprensibile e in quanto tale viene allontanato, ridotto, deriso. Questo “sopraelevarsi” di chi ride distrugge chi rimane in basso, portando la risata a diventare un mezzo sociale per punire chi osa essere diverso o per affermare se stessi a discapito dell’altro. Ne Il nome della rosa, Umberto Eco racconta che nel medioevo i monaci hanno valutato negativamente la risata perché essa può desacralizzare tutto, anche lo stesso Dio. Ridere degli altri è affermarsi sugli altri, far soffrire gli altri, punire gli altri. Non a caso un noto motto anarchico grida «una risata vi seppellirà». Si ride di una donna vecchia molto truccata per ricordarsi che non si è come lei e per dirle «tu hai il tuo posto: rispettalo». La bruttezza ha un valore comico proprio perché esce da uno schema normale-ideale di bellezza. Tutti i comici, tendenzialmente, sono brutti: Totò ha un naso rotto dopo un incontro di boxe, Benigni è stempiato e con un viso buffo, Paolo Villaggio è goffo quando si mette i panni di Fantozzi, e Rowan Atkinson non è propriamente Jude Law. Eppure, i comici sono riusciti a rendere un tratto risibile della loro persona, la bruttezza, un mezzo per il loro successo: hanno rovesciato il senso della risata a loro vantaggio. Da punizione per i traditori della normalità a segno di vittoria della propria individualità. Hanno rovesciato la visione, hanno reso bello ciò che è brutto, hanno fatto un atto filosofico di riflessione portando un cambio di prospettiva su loro stessi. Come molti comici, pure Socrate era brutto e con una grande ironia. Non assicurerei il legame tra bruttezza e i filosofi, ma quello tra risata e filosofia ha già più fondamenta. In sintesi, i filosofi quando filosofano fanno ridere perché l’oggetto delle loro ricerche porta necessariamente un cambio di prospettiva faticoso e innaturale. La natura apparentemente assurda delle affermazioni del filosofo porta alla risata. Questa risposta fisiologica può essere sia spontanea, dovuta ad incredulità (“non riesco a credere a quello che dice”), sia costruita per abbattere, (“ridendo di lui riuscirò a far apparire come assurdo ciò che dice”, tipo Trasimaco contro Socrate); o, ancora, una strategia di autodifesa per la fatica di comprendere l’altro (“sfottere lo scienziato è più facile che capirlo, ed è anche più piacevole”).
Vorrei far notare come i comici, quando scherzano, fanno filosofia perché per far ridere hanno bisogno di dire qualcosa di nuovo che il pubblico non si aspetta, devono dire qualcosa che ha già fatto ridere il pubblico ma di cui il pubblico non ricorda nulla. La filosofia, consapevolmente o meno, diventa un mezzo dei comici per far ridere. La comicità, consapevolmente o meno, diventa un carattere della filosofia. Il filosofo e il comico, la riflessione e la risata, insieme, guardano il mondo dall’alto per superare la terra, i mortali, il cielo, i divini, il dio, la morte, l’altro, e lo stesso oltre, fino ai limiti della speranza dell’immaginazione. Il connubio si vede perfettamente nell’ironia di Socrate, in cui la riflessione usa la comicità come espediente per dare valore alle sue affermazioni.
Oggi abbiamo bisogno di capire la reazione degli altri alla filosofia per continuare a poter filosofare. Dobbiamo capire come farci ascoltare. Questo piccolo e introduttivo testo serve proprio per un’ “indagine di mercato” in ottica non di mercato. Noi che pratichiamo la filosofia non possiamo più pretendere di parlare alle persone e aspettarci che loro ci diano l’accordo senza problemi. Il prigioniero che torna alla caverna per raccontare ciò che ha visto fuori è un ingenuo nel pensare che basti dire la verità perché essa venga creduta: bisogna che i prigionieri vogliano la verità. Bisogna capire la risposta di chi sente il ragionamento filosofico, cioè dobbiamo porci la domanda: qual è la risposta di chi ascolta la filosofia? E perché? Che tipo di persona si deve essere per avere una risposta e non un’altra? Le risposte sono tante e diverse. Ad alcuni la filosofia fa piangere, ad altri fa commuovere, ad altri fa incazzare, ad altri sorprende, e ad altri rilassa, ad altri smuove la psiche, ad altri fa ridere, e ci sono ancora tante possibili risposte diverse. Quello che è certo e che, se è fatta bene, e l’altro non ha un rifiuto totale, non lascia indifferenti. La risata è una delle tante risposte, e forse è proprio quella più adatta al nostro tempo, in cui l’apprendimento viene spesso interpretato come intrattenimento. Nel nostro tempo senza sacro in cui il ridere, per fortuna e/o purtroppo, ha ucciso la meta-narrazione. Nel nostro tempo in cui anche la politica fa ridere (Trump ha utilizzato i meme per la campagna elettorale: video). Nel nostro tempo in cui qualsiasi cosa può far ridere, anche il rumore di un tubo che cade. Nel nostro tempo pure la filosofia fa ridere.
Narciso Paolillo
Video interessante sull’argomento da cui ho tratto delle informazioni: